venerdì 20 luglio 2007

Pubblico e Privato

LA REPUBBLICA PALERMO - VENERDÌ, 20 LUGLIO 2007

Pagina I

IL CASO
L´esempio di Cinisi: due lidi attigui, due destini opposti

La spiaggia si pulisce soltanto se è privata
FRANCESCO PALAZZO



Il dibattito sui beni comuni, consistente nel capire se tali risorse debbano rimanere in mani pubbliche o possano transitare, almeno per la gestione, in quelle dei privati, va condotto caso per caso. Evitando gli ideologismi fini a se stessi e confrontandosi con la concretezza degli eventi per come vengono percepiti e vissuti dai comuni mortali. Per orientarsi meglio è forse utile partire descrivendo piccole storie. Non eccezionali prese singolarmente, ma abbastanza diffuse e quotidiane come tipologia e perciò indicanti un modello che appare abbastanza sperimentato. Una è questa. L´ultima uscita dell´autostrada prima di raggiungere l´aeroporto Falcone e Borsellino indica l´attraente meta di "Marina di Cinisi". Due spiaggette pubbliche si trovano appena usciti a sinistra, divise dalla Torre Pozzillo. Struttura, quest´ultima, esternamente integra e abbandonata, quando invece potrebbe essere meta di bagnanti e turisti per la vista invidiabile che si scorgerebbe dalla sua sommità. Nello spazio a destra della torre troviamo due piccole calette davvero spettacolari e un mare cristallino. Ma con un arenile pieno d´immondizia, dove è possibile catalogare tutti i tipi di rifiuti. Non solo: basta girarsi un attimo, ed ecco che il rudere di una villa abbandonata e ormai vandalizzata fa bella mostra di sé. Questo lo spettacolo che si presenta giornalmente. Ovviamente non c´è neanche l´ombra di un contenitore per i rifiuti. Spettacolo deprimente, se non fosse che le calde e pulite acque e un bagno ristoratore attenuano per qualche minuto la consapevolezza che, pure con una natura così benevola, riusciamo a fregarci con le nostre mani. Cambiamo scenario. A sinistra della torre si apre un altro spazio balneabile, sempre molto bello, anche se spesso battuto sino a riva dalle alghe. A un certo punto, sembra quasi un miraggio, scorgiamo un ragazzo che pulisce accuratamente, e allora quasi ci pentiamo di aver pensato male. Ecco il Comune di Cinisi all´opera con un suo operatore. Prima questa spiaggia e poi quella di prima, pensiamo ingenuamente. Ci avviciniamo e ricacciamo in gola la soddisfazione: il ragazzo è un impiegato della struttura attrezzata e privata che sorge sulla spiaggia. I cui gestori, evidentemente, hanno tutto l´interesse a pulire non solo lo spazio di loro competenza, ma anche tutto il resto, in modo da rendere gradevole la zona a più gente possibile e così realizzare un guadagno maggiore. Una convenienza economica spinge quindi costoro a tenere il territorio accogliente. Il fine è comunque quello auspicabile, ossia il miglioramento della qualità della vita per tutti e il rispetto scrupoloso dell´ambiente. Il ragazzo ci dice che il Comune si fa vedere poco. Non sappiamo se è veramente così. Certo, guardando l´altra spiaggia, che ha la "fortuna" (per gli ecologisti duri e puri) o la "sfortuna" (per i cittadini normali) di non essere curata da privati, abbiamo la conferma della scarsa presenza dell´ente locale. E non finisce così. Il giovanissimo addetto si spinge pure, con scopa e paletta, a pulire la strada carrozzabile oltre lo spazio sabbioso, guadagnandosi la nostra definitiva ammirazione. Ci spostiamo di qualche centinaio di metri verso Villagrazia di Carini, a ridosso di un albergo. I cui proprietari, sempre seguendo un ragionamento strettamente imprenditoriale, curano molto bene la zona costiera di loro competenza, altrimenti i turisti non li vedrebbero più neanche con il cannocchiale. Anche in questo caso un´altra incantevole caletta pubblica si porge alla vista dei visitatori. Peccato sia occupata da montagne d´alghe secche e putrescenti che si depositano durante i mesi invernali. Sino allo scorso anno e per circa un biennio il Comune, questa volta quello di Carini, aveva rimosso le alghe e attrezzato il luogo con sdraio e bagnini. Quest´anno ha deciso che l´operazione non doveva essere ripetuta. Ci rendiamo conto che questi fatti non spiegano il mondo. Tuttavia, ci appaiono esemplari. Lo slogan "pubblico bello-privato cattivo" può essere, più o meno acriticamente, agitato nelle manifestazioni di piazza. Bisogna però vedere se poi ha rilevanza tangibile, in termini di efficacia ed efficienza, nella vita di tutti i giorni.


mercoledì 18 luglio 2007

L'allarme di Paolo Borsellino venti anni dopo

LA REPUBBLICA PALERMO – MERCOLEDI’ 18 LUGLIO 2007 – PAG. XI
Quel grido di Borsellino e l´allarme del procuratore
FRANCESCO PALAZZO




Alla vigilia dell´anniversario in cui si ricorderanno Paolo Borsellino e la sua scorta, Francesco Messineo, procuratore della Repubblica di Palermo, ossia il vertice dell´ufficio giudiziario più esposto in Italia nella lotta a Cosa nostra, viene sentito dalla commissione Antimafia nazionale, in visita in città. Non da quella regionale, perché ancora, a più di un anno dell´insediamento dell´Ars, è ingiustificatamente inesistente. L´alto magistrato dice, senza giri di parole, che tra qualche mese il suo ufficio potrebbe essere decapitato. La causa è una norma transitoria contenuta nel nuovo ordinamento giudiziario in fase d´approvazione, che prevede la variazione d´incarico per quei magistrati che prestano servizio da più di otto anni nelle stesse funzioni. Una previsione molto preoccupante proprio perché fondatissima. Il giorno dopo ci si aspetterebbero prese di posizione a raffica, almeno dello stesso tenore di quelle che hanno accompagnato l´esilarante e innocua, a dire il vero, battuta siculo-pakistana del ministro dell´Interno. Invece silenzio, tranne una vaga rassicurazione dai membri della commissione Antimafia. Non è la prima volta che da Palermo giunge un segnale di questo tipo. Proprio Paolo Borsellino, il 20 luglio del 1988, da procuratore di Marsala, lanciò un allarme fortissimo sul fatto che c´era il pericolo di una demolizione del pool antimafia istituito da Rocco Chinnici e poi perfezionato e portato alle sue massime potenzialità da Antonino Caponnetto. «Ci sono tentativi seri - rivelò il magistrato a l´Unità e a Repubblica - per smantellare definitivamente il pool antimafia dell´ufficio istruzione e della Procura di Palermo. Stiamo tornando indietro come dieci o venti anni fa». L´intervista suscitò scalpore in tutto il Paese, e Borsellino rischiò pure un procedimento disciplinare. Ci volle un intervento del presidente della Repubblica per aprire una procedura d´approfondimento su quanto stava accadendo o rischiava di succedere all´interno degli uffici giudiziari palermitani. Poco prima di morire, il 25 giugno del 1992, alla Biblioteca comunale, nel suo ultimo incontro pubblico, Borsellino spiegò perché aveva rilasciato quell´intervista: «Rischiai conseguenze professionali gravissime. E forse questo lo avevo messo nel conto. Mi dissi che l´opinione pubblica almeno doveva sapere e conoscere. Il pool doveva morire davanti a tutti». Sono trascorsi quasi vent´anni da quegli eventi, ricordarli oggi serve non tanto per giudicare il passato ma per guardare al presente. Quasi due decenni addietro, davanti a un forte monito lanciato da un magistrato, si mosse tutta l´Italia sino al capo dello Stato. Palermo faceva notizia. Oggi il procuratore capo di Palermo può affermare tranquillamente che tra alcuni mesi il suo ufficio sarà costretto a fare a meno di quasi tutte le professionalità più significative, e ciò "scatena" solo qualche riga di cronaca sui quotidiani e non smuove dalla quiete tombale la cosiddetta società civile. le istituzioni e le formazioni politiche d´ogni risma e colore. I tempi che cambiano, si potrebbe dire. Evidentemente non in meglio. Per finire, una banale considerazione. Che la commissione Antimafia venga a Palermo è un evento sicuramente positivo. Un po´ meno lo è la circostanza che senta soltanto il bisogno di verificare il lavoro degli apparati giudiziari e investigativi. Ma una commissione che nasce dal Parlamento, e che quindi è espressione a tutto tondo della politica, non doveva in primo luogo prendere perlomeno un caffè con i vertici della politica regionale e con i rappresentanti dei partiti? Perché così non facendo dà l´errata impressione che la lotta alla mafia sia circoscrivibile all´azione giudiziaria e a quella delle forze dell´ordine. Mentre invece è la politica che una simile commissione deve centrare sempre più nel mirino. Sarà per la prossima volta.

lunedì 9 luglio 2007

CENTONOVE DEL 6 LUGLIO 2007 - Pag. 38

L'omosessualità e la scuola in castigo
di Francesco Palazzo



A bocce ferme è forse utile tornare sul caso dello studente palermitano, punito dalla professoressa perché ha offeso e discriminato un compagno etichettandolo come omosessuale. Se bastasse far scrivere come castigo “sono un deficiente” su un quaderno, come accaduto in questo caso, per risolvere i problemi della scuola, e di conseguenza quelli della società, avremmo fatto tutti un passo in avanti dopo l’assoluzione della docente. Quest’ultima era stata accusata dai genitori del ragazzo, pensiamo un tipo abbastanza normale, che tanti se ne possono incontrare fuori e dentro gli istituti scolastici. Ragazzi che, pur volenterosi nello studio e magari anche rispettosi dei propri simili in quasi tutti i contesti esistenziali, si lasciano andare in alcuni momenti a parolacce e insulti quasi per gioco, volendo in questo imitare gli adulti, che consegnano loro esempi di deficienza a palate. Volendo contestualizzare l’argomento specifico, terreno dell’offesa del ragazzo al suo compagno, ossia l’omosessualità, come non dire di quanto la tematica sia, in tutti gli spaccati sociali, oggetto di battutine e derisioni feroci, soprattutto da parte del settore mascolino dell’umanità siciliana? Quante ammissioni di deficienza dovrebbero essere trascritte fuori dalle aule scolastiche? Non basterebbero i quaderni di tutte le cartolerie presenti nella regione. E come non rilevare che la stessa chiesa cattolica ha un atteggiamento di biasimo nei confronti degli omosessuali? Nel migliore dei casi addolcito con sospirata misericordia, come se ci si trovasse di fronte a degli appestati da capire e compatire. Deficiente anche la chiesa? Se ne può discutere. Chissà se mai troverà qualche insegnante che la metta per questo dietro la lavagna. Possiamo fortemente dubitare che ciò accadrà e se si verificasse già si possono immaginare le critiche che pioverebbero addosso ad un simile atto pedagogico, altro che la solidarietà espressa nei confronti dell’insegnante in questione. Con i forti è più conveniente essere deboli e chinare la testa. Più agevole per l’opinione pubblica mettere al centro un ragazzo, l’ultimo anello, il più debole della catena, sul quale quindi si può essere forti. In fondo, definire bullo un adolescente è la cosa più facile di questo mondo, ormai è quasi una moda, praticata in massa perché mette tutte le cosiddette agenzie educative con la coscienza a posto. Prendersela con i genitori è poi ancora più semplice. Immaginate, però, se vostro figlio tornasse a casa con un quaderno pieno di “sono un deficiente”. Parola che significa anche lacunoso, carente, d’accordo, ma nel linguaggio comune, come sappiamo, vuole dire principalmente cretino. Volendo, comunque, prescindere dal caso specifico, ci pare che, nella sostanza e nella forma, si potrebbero approntare metodi diversi per affrontare vicende simili. Sulla sostanza si è già detto prima. Non si può far pagare ad un ragazzo tutta la cultura omofobica che pervade la società e l’istituzione religiosa più rappresentativa del paese. Per quanto riguarda la forma si dovrebbe, invece di procedere a interventi sanzionatori diretti, individuali e bruschi, attivare tutti i meccanismi collettivi e democratici interni alle scuole. Nel rapporto con i ragazzi non si può pensare che i fini giustifichino i mezzi. Fini e mezzi devono essere condivisi il più possibile da tutta la comunità scolastica, comprese ovviamente le famiglie. Perché se il mezzo è sbagliato, e far scrivere cento volte la frase “sono deficiente” lo è, il fine della convivenza civile difficilmente si potrà raggiungere. Il ragazzo, se proprio è una sua convinzione, continuerà a ritenere che un gay non possa entrare nel bagno degli uomini (torna alla mente l’uguale divieto, brandito per motivi opposti, contro l’onorevole Luxuria alla Camera dei Deputati). L’adolescente oggetto dell’insulto, la prossima volta, in assenza di regole certe e solo in presenza di reattive azioni personali, non saprà a che santo rivolgersi. La fine auspicabile di questa storia, se ci pensiamo bene, doveva essere quella di far riavvicinare i due adolescenti in modo che si potessero parlare e, se possibile, chiarire. E questo si può sempre fare, ed è compito della scuola e delle famiglie impegnarsi in tal senso. Per il momento si brinda ad una sentenza d’assoluzione che, pur corretta in termini di diritto e condivisibile in quanto al buon senso, non permette a nessuno di fare anche un minimo passo in avanti.

sabato 7 luglio 2007

LA REPUBBLICA PALERMO - SABATO, 07 LUGLIO 2007
Pagina XV
La grande incognita siciliana del nuovo Partito democratico
FRANCESCO PALAZZO


Il segretario regionale dei Democratici di sinistra, Tonino Russo, nel commentare ieri il fresco e deludente sondaggio che darebbe il Partito democratico in Sicilia al 21 per cento, oppone argomenti assolutamente condivisibili: trattasi, afferma, di un partito che ancora non c´è e del quale, per giunta, non si conosce a tutt´oggi il simbolo. C´è da aggiungere che anche a livello nazionale il partito che non c´è viaggia su numeri bassi, giungendo appena al 24 per cento. Bisogna però dire che il Pd ha davvero ampi margini di crescita, soprattutto adesso che è sceso in campo Walter Veltroni. Da noi, al contrario, quella frontiera del 21 per cento rischia di essere più che un punto di partenza una montagna difficilmente valicabile. Va tenuto in grande considerazione il fatto che in Sicilia la fetta di Ds che sta per approdare nella Sinistra democratica è più consistente che in altre regioni. Se a questo si aggiunge che ciò avviene in un contesto elettorale quale quello siciliano, che vede il centrodestra sempre con il vento in poppa, ci rendiamo conto che il Partito democratico in salsa siciliana dovrà fare sforzi ulteriori per raggiungere quel 30 per cento che pure qualche altro sondaggio gli assegna. La verità è che questo partito non è ancora riuscito a scaldare i cuori e le teste delle persone che non si occupano tutti i giorni di politica. Certo, questa considerazione non riguarda solo la Sicilia, ma qui da noi vale ancora di più. Se non riesci almeno a intiepidire chi non ha mai votato per te, anzi addirittura fai raffreddare o allontanare chi sino a questo momento aveva ritenuto di assegnarti il consenso, retrocedendo da tre a più di cinque punti rispetto ai risultati fatti registrare nelle due circoscrizioni siciliane per le politiche del 2006, qualche problema, al di là dei sondaggi ballerini, c´è. E il problema è capire cosa significa un nuovo partito come quello democratico per le donne e gli uomini della nostra terra, cioè quale percorso specifico potrà far intravedere nel quotidiano quando il dibattito uscirà all´esterno dei luoghi quasi sacrali, seppure necessari, della politica come professione. Al momento sappiamo che in Sicilia 52 persone si occuperanno delle fasi iniziali che porteranno alla nascita del partito vero e proprio. La composizione del parlamentino è stata fatta nel rigido rispetto di quote suddivise tra Ds, Margherita e soggetti esterni alle due formazioni. Il metodo attraverso il quale si è giunti alla nomina dei 52 non è sembrato ai più comprensibile. Ma poco conta, il rischio è che non siano visibili elementi di novità in grado di motivare le masse e determinare uno spostamento significativo della lancetta elettorale. Vorremmo ascoltare idee, analisi e proposte concrete che rompano gli schemi. Per far questo potrebbero tornare utili gli esterni ai partiti inseriti nel gruppo dei 52. Ma anche in tale operazione la sensazione è che si sia pescato in un mondo già fortemente politicizzato, con codici culturali e linguaggio simili, e in alcuni casi uguali, a quelli dei due partiti prossimi allo sposalizio. Sarà capace il nuovo partito di produrre idee originali e trascinanti? Lo si vedrà nei prossimi mesi. Il rischio è che ci si limiti a «copiare» il dibattito sul Partito democratico che si andrà sviluppando a livello nazionale, navigando a vista nel mare più o meno agitato della politica regionale. Sperando, oltre ogni speranza, che un realistico 21 per cento si trasformi come per magia in un portentoso 30 per cento.






mercoledì 4 luglio 2007

I tempi della politica tra Palermo e la Francia

LA REPUBBLICA PALERMO - MERCOLEDÌ, 04 LUGLIO 2007

Pagina I

L´INTERVENTO

La fumata nera a Sala delle Lapidi
FRANCESCO PALAZZO


Sono trascorsi quasi due mesi dalle elezioni e lo spettacolo al quale i cittadini palermitani assistono in questi giorni è davvero pessimo. Proteste anti Tarsu a parte, si è arrivati appena all´insediamento del nuovo Consiglio e per giunta con il sindaco assente. Non abbiamo un governo completo, un presidente e i vicepresidenti di Sala delle Lapidi, non si vede nemmeno l´ombra del bilancio. Nel centrodestra vincente si litiga a tutto spiano sul vicesindaco, su chi dovrà guidare l´assemblea consiliare, sulla guida di qualche municipalizzata e chissà su quanto altro ancora che ai poveri mortali non è dato conoscere. In effetti c´è da spartirsi molto. Non per servire la città, questo sembra l´ultimo dei problemi. Il primo è quello di accontentare tutti i singoli appetiti, le infinite correnti ricorrenti d´ogni formazione politica, la pletora dei vari parlamentari regionali e nazionali sponsor di questo o di quell´eletto. Del resto, ormai la campagna elettorale è abbastanza lontana. I gonfaloni e i mega poster sono in soffitta, compresi le inutili frasi e i falsi sorrisi che ci hanno accompagnato e torturato per mesi. Giusto per fare un paragone spropositato, si potrebbe guardare ad altre elezioni avvenute due mesi fa, le presidenziali francesi. In Francia dopo poco più di una decina di giorni dal ballottaggio per le presidenziali erano già stati nominati il presidente del Consiglio e il governo, composto quest´ultimo per quasi metà dei quindici designati da donne. Ma ci rendiamo conto che il paragone con Palermo non è proponibile. Anche all´interno dell´Unione c´è un certo travaglio. C´è poco da spartire, ma ci si accapiglia comunque. In questo caso lo strapuntino è una delle due vicepresidenze del Consiglio comunale, quella che spetta all´opposizione. È davvero così importante quella poltrona per gli elettori del centrosinistra? Forse no, sarebbe meglio che l´opposizione desse di sé un´immagine più sobria, più unita. Tuttavia, a leggere le cronache che davano conto della prima seduta, si fa per dire, del Consiglio comunale, si registrano almeno tre posizioni sulla questione, tante quante sono le parti in cui si è diviso il centrosinistra all´interno dell´assise cittadina. Abbiamo un candidato del Partito democratico, uno dei consiglieri orlandiani e un altro della parte radicale dello schieramento, in cui si giura che si voterà per una donna. Vedano loro. Come prima botta unitaria non c´è male. Insomma, per non tradire una tradizione ormai largamente consolidata, il primo Consiglio comunale si è concluso con un nulla di fatto. Una fumata nera che si proverà a schiarire lunedì prossimo, data della prossima, si fa sempre per dire, seduta pubblica. I gettoni di presenza per i consiglieri comunali, ma questo è solo un dettaglio, saranno già due. E non sarebbe peregrina l´innovazione di non assegnare alcun compenso per le convocazioni che vanno sostanzialmente a vuoto. Torniamo un attimo alla Francia - forse il paragone serve solo a mostrare quanto siamo lontani dall´Europa - e ricordiamo che, mentre noi a Palermo siamo bloccati sul nome di un possibile presidente della ex municipalizzata dei rifiuti urbani, si sono svolte pure le legislative, primo turno il 10 giugno e secondo il 17. Per la verità anche noi disponiamo di certezze assolute, non dobbiamo buttarci così in basso. Dal 9 al 15 luglio, caschi il mondo, si deve festeggiare da par sua Santa Rosalia. Alla faccia dei francesi e di chi ci vuole male.