giovedì 3 marzo 2016

Brancaccio: la mafia a fumetti e l'altro che si può dire del quartiere.

La Repubblica Palermo
3 marzo 2016 - Pag. IX
Mafia a Fumetti
Francesco Palazzo



Claudio Stassi (38 anni) e Giovanni Di Gregorio (42) sono due palermitani, il primo disegnatore, il secondo sceneggiatore. Stanno in Spagna da diversi anni. Claudio, che è originario di Brancaccio, dice che Barcellona è una Palermo che funziona. Entrambi sono dovuti andare fuori per vedere riconosciuti i loro talenti. Giovanni è chimico, comincia a lavorare con la Sergio Bonelli editore, scrivendo storie di Dampyr e Dylan Dog. Anche Claudio è nello staff di Dampyr come disegnatore. Ha al suo attivo anche il fumetto tratto dal libro Per questo mi chiamo Giovanni, che si rifà alla storia di Giovanni Falcone. Il loro ultimo lavoro, da poco nelle librerie e nei negozi specializzati, èBrancaccio. Storie di mafia quotidiana, edito dalla casa editrice milanese Bao Publising(14 euro). La prefazione è affidata a Rita Borsellino. Che ricorda quando, a un mese dalla morte di don Puglisi, un corteo a Brancaccio venne preso a colpi di pietre provenienti da un garage. Il racconto si snoda attraverso le strade di Brancaccio e le storie parallele di tre personaggi, Nino, Pietro e Angelina. Siamo nel settembre del 1994, a un anno dall’uccisione di don Puglisi, fatto fuori il 15 settembre del 1993. Nino va a scuola, frequenta il doposcuola nella chiesa di San Gaetano, quella dove operò Don Pino, deve confrontarsi con i coetanei che gravitano nel giro della malavita. Poi prende un motorino di un amico, ma in realtà sogna di imbarcarsi in un treno per andare via e lo scrive a don Pino. Ci riuscirà? Pietro è un venditore ambulante di pane e panelle, onesto ma legato alla cosca locale. A un certo punto lo convoca il medico capofamiglia, lo costringe a portare da mangiare a un latitante, che gli consegna un pizzino di ritorno. Ma sulla strada verso il quartiere l’imprevisto è in agguato. Angelina è una casalinga, la sua vita scorre tra la casa, la ricerca di una raccomandazione per un conoscente, le prescrizioni dal medico-boss, che le dice pure per chi votare. Poi va a sbattere in una Tac di un ospedale pubblico che non funziona perché gestito in maniera clientelare-mafiosa. Belli i disegni e coinvolgenti i dialoghi di questo lavoro. Ovviamente, Brancaccio non è solo quella descritta nel fumetto. C’è molto altro. Tanti laureati e diplomati, diversi professionisti, qualche professore universitario, famiglie che mandano i figli regolarmente a scuola, un reddito procapite medio non da terzo mondo, qualche associazione che svolge bene il proprio compito da molti anni. Ma, a 22 anni dal 1994, si avverte ancora la presenza asfissiante della mafia, così come la si sentì durante la seconda guerra di mafia con i morti a ogni angolo di strada. Coesistono, insieme alla parte più sana, che rappresenta la stragrande maggioranza, due sacche evidenti di disagio e marginalità. La prima creata ad arte trasferendo, all’inizio degli anni Ottanta, gli sfrattati del centro storico. Che oggi stanno condizionando negativamente una parte consistente del quartiere. La seconda parte complicata è quella storica, i cosiddetti Stati Uniti. Una realtà complessa il quartiere Brancaccio, che va letta a diversi livelli, così come tutti i quartieri che si definiscono difficili. Chi scrive ci è nato e lì ha vissuto sin quasi ai 30 anni, andando regolarmente a scuola e socializzando in ambienti sani. Come me tantissimi altri della mia generazione, ma anche di quelle precedenti e successive. Anche se è realtà accertata, da quello che ci dicono le indagini e i processi in corso, che il quartiere è stato l’epicentro della stagione stragista dell’inizio degli anni Novanta. Il fumetto, molto abilmente, mette in luce alcuni spaccati sicuramente presenti del rione, sia nell’immediato dopo Puglisi che oggi. E l’oggi spagnolo lo descrivono Stassi e Di Gregorio nell’ultima storia del fumetto, quella a colori. È il loro oggi di professionisti affermati che vivono nella vivace Barcellona non scordandosi delle loro radici. Vedono il mare e riflettono sul fatto che c’è pure a Palermo, ma non si vede. Rimpiangono solo il buon caffè palermitano. Ma in fondo, nello scegliere il nome a una bambina che deve nascere, quasi vorrebbero darle quello di una ragazza siciliana della giovinezza. Dalla quale sono stati traditi. Il suo nome, dice l’ultima vignetta del fumetto, è Palermo.

Nessun commento:

Posta un commento