venerdì 12 agosto 2016

Sicilia, nuova legge elettorale sindaci. Un passo in avanti per gli elettori.

La Repubblica Palermo
11agosto 2016 - Pag. I

Ma quella riforma elettorale può dare stabilità ai comuni

Francesco Palazzo

Conosciamo la Sicilia laboratorio politico che anticipa quanto poi succede a livello nazionale. Viste le condizioni in cui versiamo, c‘è chi ha qualche dubbio su questo precorrere. Intanto, perché anticipare non vuol dire porre in essere cose positive. Bisognerebbe, poi, riuscire a dimostrare tale virtuosità anticipatrice. In terzo luogo, anche se si ha un’intuizione nuova, non è raro che tutto rimanga impantanato nel capitolo delle occasioni perse. Basta ricordare l’istituto autonomistico. Volevamo essere speciali e fatichiamo a essere normali. Tuttavia i precedenti non devono farci velo quando ci troviamo davanti un provvedimento interessante. Ci riferiamo alle modifiche, votate all’Ars, riguardanti le elezioni dei sindaci, la sfiducia nei loro confronti e la composizione delle relative maggioranze, per i comuni sopra i 15 mila abitanti. Il punto principale prevede che il candidato sindaco che supererà il 40 per cento sarà eletto al primo turno. Partiamo da una considerazione che non si deve perdere di vista quando si parla di leggi elettorali. Queste, più che al ceto politico, servono a chi elegge. Ogni dispositivo elettorale va guardato per ciò che permette, o nega, al corpo elettorale. Vanno esaminati due aspetti: se si consente alle urne l’espressione della democrazia rappresentativa e se si creano, chiusi i seggi, governabilità e veloce gestione della cosa pubblica. Non ci serve sapere altro. Se democrazia in entrata, che non vuol dire permettere polverizzazione del consenso, e governabilità in uscita vengono promosse, possiamo archiviare i mal di pancia provenienti in queste ore da settori del ceto politico.Partiamo dalla democrazia rappresentativa. Gli elettori potrebbero eleggersi il sindaco senza dover attendere due settimane per la celebrazione dei ballottaggi. Che servono più a riposizionare gli apparati che gli elettori. Certo, se si fosse abbassata ancora l’asticella, questa opportunità poteva verificarsi con più facilità. Alcuni avrebbero voluta portarla al 35 per cento, altri eliminarla del tutto. Non c’era da scandalizzarsi. I presidenti di Regione vengono eletti con qualsiasi percentuale e a novembre, in un solo turno, si eleggerà il presidente degli Stati Uniti. Inoltre gli elettori, secondo questa modalità di voto, possono legare la maggioranza dei Consigli comunali ai sindaci. Nel senso che questi, per ottenere il premio al primo turno, dovranno avere al seguito una compagine politica consistente (40 per cento). Cosa del tutto normale, visto che i processi democratici e i governi si devono fondare non sull’uomo solo al comando, ma su un percorso condiviso del tessuto politico che affronta le elezioni. E qui passiamo al secondo corno del problema, cioè cosa accade dopo il voto, la governabilità delle cose concrete, quella per cui esiste la politica, che sovente viene messa in secondo piano da leader, populismi e forze politiche che pensano più a litigare che a praticare soluzioni che facciano andare avanti le comunità. Nel caso della legge appena modificata, con un sindaco che avrà una sua maggioranza forte e determinata da una vera rappresentanza delle forze presenti nella comunità, non più tanti consiglieri che entrano al suo seguito ma che rappresentano ben poco, come accaduto a Palermo nel 2012, si avrà una governabilità basata su un consenso ampio. Anche il discorso della decadenza del sindaco se il Consiglio non approva il bilancio, che deve essere meglio interpretata secondo la nuova normativa, non pare uno sproposito. Il bilancio è lo strumento principe delle amministrazioni, serve non al ceto politico ma alle città. Se come primo cittadino non ho i numeri per farlo approvare, è giusto che vada a casa. Qualsiasi riforma deve sempre servire alla democrazia e al governo della cosa pubblica. Questi due aspetti interessano esclusivamente coloro nei confronti dei quali si amministra, gli unici destinatari di ogni azione politica. Ammesso che la politica sia servizio e non mero esercizio di potere.

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