domenica 1 gennaio 2017

Cercati un amico. Non mafioso.

La Repubblica Palermo
31 dicembre 2016
I successi di AddioPizzo. E quello che resta da fare.

Francesco Palazzo
L’Associazione Addiopizzo, che esordì in una notte del giugno 2004 con affissioni anonime (“Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità”), lancia una nuova campagna con un altro slogan “Cercati l’amico”. Un modo per prendere in giro e capovolgere l’invito degli esattori del racket. I quali intimano ai commercianti di cercarsi un conoscente per addivenire a condizioni “migliori” circa la rata da versare. Insomma, un’esortazione a trovare alleati non tra i mafiosi ma nelle associazioni che difendono le vittime del racket, tra le forze dell’ordine e tra gli stessi commercianti per fare massa critica e opporsi non da soli al pizzo. Nel nuovo messaggio appare il mafioso con coppola annullato da una striscia rossa e un numero di telefono, 3279061172, da chiamare in caso di bisogno, oltre che il sito dell’associazione www.addiopizzo.org. Da dodici anni questa esperienza costituisce un punto di riferimento e una speranza non solo per gli imprenditori ma soprattutto per i siciliani. Si tratta di cittadini che, anziché aspettarsi azioni dalle sole forze dell’ordine, dalla magistratura o attendere cambiamenti culturali di lungo periodo, hanno deciso di impegnarsi su un fronte molto difficile nella lotta a Cosa nostra. Pertanto decisivo nel combatterla su un terreno in cui le coppole storte puntano molto. Sia per le entrate che assicurano le azioni estorsive, sia perché in tal modo si ha il controllo costante del territorio. Passeggiando in città vedo questi adesivi che rimangono per tanto tempo, per anni, sulle vetrine dei negozi. Segno che c’è ormai una condivisione diffusa. Che ha anche generato un timore in Cosa nostra, visto che in diverse intercettazioni i boss hanno raccomandato ai loro scagnozzi di non recarsi nei negozi aderenti ad Addiopizzo perché ciò poteva creare grane. Va detto che tale esperienza, come poche altre e al contrario delle tante che muoiono nel giro di poco tempo o che servono anche a drenare fondi pubblici, ha sinora avuto il carattere della continuità e dell’innovazione. Le discussioni e le divisioni vi saranno state anche in questo caso, ma ha finito per prevalere l’obiettivo che si erano dati gli allora ragazzi del 2004. Liberare Palermo e non soltanto la città capoluogo, visto che c’è una sede anche a Catania, dalla odiosa pratica del pizzo. Ovviamente, occorre dire, per non farla troppo facile, che il metodo estorsivo è ancora largamente praticato e molto spesso trova il consenso degli stessi imprenditori. Che vedono tale esborso come una normale tassa da pagare sull’altare della sicurezza. Un po’ come fa il palermitano quando sgancia l’obolo al posteggiatore abusivo. Ma Addiopizzo, con i risultati non trascurabili che ha ottenuto, è sicuramente un pezzo importante del mosaico contro Cosa nostra. Basta sapere che tutti gli altri pezzi devono essere collocati nel posto giusto e che per combattere la criminalità organizzata non c’è una sola chiave di accesso. Dal punto di vista pratico, oltre che pubblicare la lista degli esercenti che non pagano la mafia, si dovrebbe rendere più attraente e diffusa la AddioPizzo-Card, presentata nel 2014 durante la festa annuale del consumo critico “Pago chi non paga” e che consente degli “sconti etici” presso gli esercenti e le imprese convenzionati. Occorrerebbe abbinare la lotta alla mafia alla convenienza per gli acquirenti, passando dallo sconto etico, pensato per finanziare progetti, ad una scontistica vera e propria. In modo che il compratore possa subito misurare sulle proprie tasche quanto ci guadagna comprando in luoghi dove sono banditi gli uomini del racket. Per finire, una notazione politica, pur avendo contezza che già lottando la mafia si fa politica nel senso di un interesse concreto per il destino della polis. Uno dei fondatori di Addiopizzo, l’avvocato Ugo Forello, da quanto leggiamo, potrebbe essere uno dei candidati a sindaco nelle elezioni palermitane del 2017. Segno che la lotta alla mafia, fatta non solo di slogan ma operante concretamente in ambiti difficili e pericolosi come quello del contrasto al racket, può creare percorsi che possono essere messi al servizio, in un ambito più ampio, dell’intera comunità.

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