giovedì 12 gennaio 2017

Lo strano e unico caso tra il Partito Democratico palermitano e Palazzo delle Aquile.

                 La Repubblica Palermo
                    11 gennaio 2017

       L'anomalo PD palermitano che  non riesce ad avere un suo sindaco

                   Francesco Palazzo

 C'è un'anomalia nella politica italiana, il Partito democratico palermitano. Le elezioni comunali sono vicine e il classico malanno viene fuori come un male di stagione mai curato. Parliamo di un dato che viene da lontano. Il punto è che questo partito, da quando era Pci, poi Pds, quindi Ds e adesso Pd, non ha mai ottenuto una visibilità tale da poter accedere con propri nomi allo scranno più alto di Palazzo delle Aquile. Nella Prima Repubblica, a parte le regioni rosse, in città come Napoli, Roma, Torino e Venezia ci sono stati sindaci comunisti. Nella piccola Aosta ben tre sindaci falce e martello. Nella Seconda Repubblica, da quando si eleggono direttamente i sindaci, il quadro comparativo è disarmante. Cominciamo dal Sud. A Reggio Calabria, dal 1993, il Pds-Ds-Pd è stato protagonista, con propri iscritti, di tre vittorie. In Basilicata, a Potenza, dal 1995 al 2014 il Pds-Ds-Pd ha vinto tre volte con propri esponenti. A Bari il Pds-Ds-Pd dal ’93 a oggi vince con propri dirigenti quattro elezioni. Nel Molise, a Campobasso, dal 1995 a oggi, il Pds-Ds-Pd ha vinto tre volte la carica di sindaco con propri tesserati. Inutile ricordare le esperienze dei sindaci di Napoli e Roma. In Abruzzo, nel capoluogo L’Aquila, dal 1994 a oggi ben tre sindaci rappresentanti del Pd e suoi antenati hanno guidato la città. Lasciamoci alle spalle la zona rossa. La storia non cambia. Sia su Venezia, che su Trieste, passando per Trento e Bolzano, poi considerando Milano, Torino e Aosta, potremmo scrivere le stesse cose evidenziate in dettaglio per le altre città. Se ci trasferiamo a Cagliari, il sindaco attuale è stato esponente del Pds e dei Ds, sostenuto dal Pd in una coalizione di centrosinistra. La musica non cambia in Sicilia. Palermo per il Pd costituisce sempre uno scenario a parte. Lasciando perdere la rossa Enna, attualmente è sindaco dell’altra importante città sicula, Catania, un rilevante esponente del Pd. A Caltanissetta dal 1997 a oggi il Pds, i Ds e il Pd hanno vinto quattro volte le elezioni, tre volte sostenendo propri tesserati. A Siracusa il sindaco appartiene al Pd. Ad Agrigento, nel 2012, è eletto sindaco uno dei dem. A Trapani per due mandati, dal 1993, è stato eletto un dirigente pds. A Ragusa, dal 1994 al 1998, il sindaco è stato uno del Pds. A Messina nel 2005 vince le elezioni un dirigente della Margherita, che poi sarebbe confluita nel Pd. Nel 2013 il Pd al primo turno è arrivato quasi al 50 per cento con un proprio uomo. Come si vede, quella del Pd palermitano è una vicenda unica. Una debolezza mai affrontata sul serio. E non si tratta di presentare o meno il simbolo. Bisogna vedere come e perché lo fai. Se è un atto di forza o di debolezza. Nel 1990, con Insieme per Palermo, fu un atto di subordinazione nell’attesa, vana, che Orlando aderisse alla lista. La Dc fece il pieno e gli omini che si tenevano per mano conobbero una sconfitta cocente. Togliere il simbolo del Pd dalle prossime amministrative, come imposizione esterna, tornerebbe a essere un gesto non di forza. Invece, nel 1993, la lista Ricostruire Palermo, con dentro il Pds, aveva un senso, cosi come quando nel 2001 si diede vita alla lista Per Palermo, con dentro i Ds, c’era una prospettiva politica, anche se disperata, visto che il centrosinistra andava incontro a un cappotto umiliante. E il problema non è neppure Orlando: lui ha sempre fatto il suo, rimediando alla fragilità del Pci e dei suoi eredi. Quando il Pd panormita avrà il coraggio di metterci la faccia, con un proprio dirigente di peso, non con improbabili papi esterni, per la poltrona più importante della politica palermitana? Se si gioca sempre fuori casa ci si fa strapazzare malamente.In ogni caso, comunque vadano le cose in primavera, dopo questa legislatura ci sarà il momento in cui cadrà il dilemma Orlando sì o no. Dunque il cammino va iniziato subito. Il più grande partito italiano non può permettersi ancora per molto tempo di non provare a pesare la propria storia e la propria idea di città nel quinto comune d’Italia. Gestire sconfitte o vittorie altrui è un modo triste di vivere la politica. Quella che manca al Pd di Palermo è una storia. Non è colpa di quelli di adesso, perché una storia si tesse nel tempo. Quando comincerà il Pd a costruirne una a Palermo finendo di essere un’anomalia nel panorama politico italiano?

1 commento: