domenica 26 novembre 2017

Le scuole, la religione, i ragazzi e la spiritualità.


Repubblica Palermo - 25 novembre 2017

MENO PREGHIERE PIÙ EDUCAZIONE ALLA SPIRITUALITÀ

Francesco Palazzo

Ragioniamo sul preside palermitano che ha tolto immagini sacre ed ha proibito le preghiere in classe. Le religioni sono aspetti importanti della vita, andrebbero fatte conoscere nelle scuole, evitando statue e preghierine, pratiche non consone al carattere laico dell'insegnamento. Già circa 25 mila docenti, pagati dallo Stato, insegnano religione cattolica. Questi, e ve ne sono tanti preparati, potrebbero rappresentare ai discenti le varie prospettive religiose, i modi con i quali esse si contaminano con la storia e la società. Anzi, si potrebbe pensare ad una disciplina che introduca alla spiritualità, sia laica che religiosa. Ne trarrebbero giovamento le giovani generazioni, che spesso si tengono lontane dall'ambito spirituale senza conoscerlo, rimanendo aride da questo punto di vista. Parliamo dunque non di vietare, ma di arricchire. Non un no a qualcosa ma un sì più ampio. Qualche ora di meditazione su temi esistenziali, tratti dalle diverse spiritualità, sottratta ai cellulari, renderebbe migliori i nostri scolari le nostre scuole e la società.


mercoledì 22 novembre 2017

Sicilia 2017: frecciarossa contro tartaruga. Rimaniamo speciali o diventiamo normali?

La Repubblica Palermo - 21 novembre 2017

SE PARLARE DEGLI IMPRESENTABILI DIVENTA UN ALIBI PER LA POLITICA

FRANCESCO PALAZZO

Una recentissima pubblicità, ben fatta, di Trenitalia, annuncia: «Addio videoconferenze ». Negli incontri di lavoro la presenza è più utile di qualsiasi intermediazione tecnologica. Lo spot continua in modo ancora più convincente. Un Frecciarossa in partenza ogni 15 minuti da Roma per Milano, 99 collegamenti al giorno tra le due città, con servizio di ristorazione. Da Palermo sembra di avvistare il mondo dei balocchi. In effetti, pare di vivere in un altro paese. Se a qualcuno prende la voglia, dopo aver pranzato a Roma, partendo alle 17 può tranquillamente cenare a Milano. Arriverà alle 19 e 59, dopo 2 ore e 59 minuti di velocissimo viaggio. Parliamo di 574 chilometri. Se invece vi venisse l'idea di andare da Ragusa a Trapani, 360 chilometri, pensateci bene. Il sito di Trenitalia propone questo percorso. Partenza alle 8 e 07 arrivo alle 18 e 25, dopo 10 ore e 18 minuti, con 3 cambi e quattro ore di pullman da Palermo a Castelvetrano. È solo un esempio, ovviamente, per capire il contesto nel quale ci muoviamo. Che comprende pure la circostanza che ancora preferiamo utilizzare imbarcaderi per percorrere tre chilometri di mare tra la Sicilia e la Calabria. E se vogliamo, perché mai dobbiamo smettere di paragonarci con gli altri, possiamo aggiungere che il 15 novembre a Bologna è stato inaugurato FICO, Fabbrica Italiana Contadina, il più grande parco agroalimentare del mondo, centomila metri quadri. Che vede partecipare, ed è un settore nel quale dovremmo eccellere, una sola azienda siciliana, la pasticceria Palazzolo di Cinisi. Nei giorni di lancio del parco Trenitalia ha applicato il 30 per cento di sconto.Rilevato questo quadro, si ha l'impressione che il tema degli impresentabili, certamente importante ma che si muove nell'ambito del prepolitico, abbia finito per coprire del tutto le azioni politiche da mettere in campo per la Sicilia che i diversi schieramenti proponevano in campagna elettorale. E vediamo che la cosa procede anche dopo il voto. Anche da Roma a Milano non mancano certo gli impresentabili, anzi ve ne saranno magari di più. E pure da Roma a Salerno, dove si ferma l'alta velocità e l'elevata frequenza dei collegamenti. A parte il fatto che anche sugli impresentabili le contumelie che si lanciano addosso le forze politiche siciliane non tengono conto del fatto che indagato non vuol dire affatto colpevole. Chissà quando finiremo di essere speciali e diventeremo noiosamente normali. Mi sa che talvolta si nasconda la difficoltà politica di mettere in atto azioni in grado di far risalire la china all'isola parlando d'altro. Ripeto, tema non secondario quello della qualità delle liste elettorali e del personale politico dei partiti. Ma non deve oscurare le politiche proposte e realizzate concretamente. Non può sfuggirci che in questo ragionamento, classe dirigente, corpi intermedi, come si diceva una volta, e popolo di questa regione devono riuscire a guardarsi allo specchio e capire cosa vogliono fare da grandi. Il tema della politica, che non significa soltanto partiti e istituzioni, per noi siciliani è sempre questo. Se riusciremo ad essere, prima o poi, all'altezza della sfida dipenderà solo ed esclusivamente da noi. Allora, più che cercare di capire chi sarà il prossimo capo dei capi, come se ci trovassimo spettatori in uno stadio e la mafia fosse un fatto eterno, mettiamo in campo fatti virtuosi, al di là della retorica, affinché la malapianta della mafia, che abbiamo nutrito nell'arco di tre secoli, inaridisca veramente.

venerdì 10 novembre 2017

Cosa esce dalle urne del laboratorio Sicilia.

La Repubblica Palermo - 9 novembre 2017

Il capolavoro di autodistruzione realizzato dal centrosinistra siciliano

FRANCESCO PALAZZO

Ci sono diverse questioni che la tornata elettorale regionale solleva. Cominciamo dal centrosinistra. Si dice che unito non sarebbe stato comunque competitivo. Però, guardando i numeri, vediamo che i Cinque Stelle, non arrivando al 27 per cento come voto di lista, rispetto al 33 abbondante delle ultime politiche, sono stati della partita con il candidato alla presidenza. Non capiamo perché mai le liste del centrosinistra, totalizzanti quasi il 31 per cento, rispetto al 21,4 delle politiche, non avrebbero dovuto fare altrettanto. È vero che il centrosinistra, che come liste cinque anni fa alle regionali aveva il 37 per cento, perde sei punti per strada. Andati anche ai grillini. Che non sono riusciti a entusiasmare. Se ti presenti come forza anti sistema e non scaldi i motori della partecipazione vuol dire che ti muovi nello stesso stagno degli altri. E ciò al di là delle percentuali pentastellate, che però durano da Natale a Santo Stefano. Soprattutto se non governerai nulla per un'intera legislatura e con una coalizione vincente maggioritaria all'Ars. Per restare nel campo del centrosinistra, andato allegramente diviso alle urne, va detto che i due candidati a Palazzo d'Orleans prendono circa la stessa cifra che si aggiudicò nel 2001 il candidato sindaco a Palermo. Sembrò quello il punto più basso, si pensava insuperabile, in termini di raccolta del consenso. Non era così. Siccome quello era il periodo del 61 a 0, possiamo dire che rispetto a quel cappotto oggi il centrosinistra va ancora indietro. Ed in effetti è anche peggio, perché allora non c'era il terzo incomodo del polo grillino. Nel corso di un dibattito ospitato su questo giornale abbiamo scritto tanto, su input di Enrico del Mercato, sull'irrilevanza in questa terra del centrosinistra. Bene, mi pare che questo passaggio elettorale ci consegni un quadro ancora più fosco. Va rilevato che lo schieramento a sinistra del Pd, che voleva contarsi in Sicilia in vista delle politiche del 2018, esce malamente dalle urne. Rispetto alle regionali del 2012 non migliora il risultato e riesce a mandare un solo deputato all'Ars. Tanto rumore per nulla. Se si voleva minare a livello nazionale la figura di Renzi e mettere all'angolo il Pd, entrambe le mosse non sono riuscite. Anche chi all'interno dei democratici si oppone a Renzi capirà presto che senza la sua presenza il Pd non è competitivo, e i democratici stessi si sono confermati, pure in Sicilia, dove devono trovare dirigenti più rappresentativi e carismatici, la maggiore e insostituibile forza di qualsiasi schieramento di centrosinistra, vincente o perdente che sia. Dobbiamo notare un altro aspetto. La cosiddetta società civile è stata del tutto assente dal dibattito politico di queste regionali. Che hanno avuto un epicentro partitico. Quando penso ad altri momenti in cui ha brillato di luce propria, mi riferisco ad esempio alla candidatura nel 2006 della Borsellino, che raggiunse, pur perdendo, il 41,64, più del presidente eletto adesso. La Sicilia si conferma di centrodestra, che si riprende il suo. Da questo punto di vista chi riteneva, nelle fila dei democratici, di avere qualche anno fa portato scompiglio dentro il suo fortino sino a scioglierlo come neve al sole, deve fare una severa autocritica. Il centrodestra si è presentato a questo giro come chi non aveva mai avuto le leve del potere, mentre il centrosinistra, avendo governato per una sola legislatura, è riuscito a farsi percepire come il responsabile di tutto. Davvero un capolavoro.

domenica 5 novembre 2017

Il voto come esercizio civico di democrazia.

La leggenda della società civile con quattro quarti di nobiltà che diserta la democrazia.

Francesco Palazzo

Nel corso delle campagne elettorali si parla molto dei candidati, poco degli elettori, che contano solo come materiale di sondaggi. A urne chiuse il corpo elettorale scompare per essere ripescato nella successiva tornata ai seggi. Quando ci riferiamo ad esso spendiamo parole buoniste per sottolinearne la disaffezione verso la politica che ha come conseguenza diretta la non partecipazione al voto. Cosa che si annuncia anche per oggi, in cui potrebbero deporre la scheda meno della metà degli aventi diritto. Come nel 2012. Non è un dato che ci vede isolati. Nelle regionali del 2015, dove votarono Campania, Liguria, Marche, Puglia, Toscana, Umbria e Veneto, la media dei votanti è stata poco sopra il 52 per cento. Con la Toscana, ed è quanto dire, che si è attestata sulla soglia più bassa con il 48,28. Generalmente giustifichiamo tale fuga con il disamore che altri provocano nei cittadini, scagionando questi ultimi da qualsiasi responsabilità. Che invece hanno. A meno che non si voglia condividere il seguente schema. Da una parte i cattivi della politica, dall’altra i buoni della società civile, che si vendicano in massa non timbrando il certificato elettorale. La mafia, distribuita tra notabili e popolo, punterà trasversalmente su più candidati e più liste. Farà quello che sa fare e che ha sempre fatto. Non so quanto sposta in termini di consenso. Ma dovrebbe fare più paura il disinteresse di coloro, che rappresentano un numero molto più consistente, non c’è paragone, che se ne staranno a casa senza neppure pensarci. Parliamo di adulti, non di bambini che devono essere condotti per mano. Ormai un vero e proprio blocco sociale. Il cui silenzio in un momento fondamentale dovrebbe essere redarguito e non accolto con benevolenza. Soprattutto in una regione con mille problemi come la nostra. Ma non c’è soltanto la latitanza di uno spaccato enorme della “buona” società civile, termine quanto mai errato, come se tutto il resto fosse incivile. Chi non vota, spesso si disinteressa di quanto scorre nella vita pubblica. Va aggiunto, a prescindere dall’esercizio o meno del voto, che lo spaccato di mondo che non vive direttamente nella cittadella della politica partitica e istituzionale, non è che presenti, mediamente, comportamenti più virtuosi di chi lo amministra. Per completare il ragionamento dobbiamo pure dire della qualità del voto che si attribuisce. Se scattano atteggiamenti e comportamenti familistici o di clan o se si premiano quelli che si ritengono i migliori. In queste settimane ci siamo interrogati, giustamente, sull’impresentabilità dei candidati. Ma quant'è presentabile un elettore che non si presenta al seggio, non controlla chi amministra, che mette in atto comportamenti sistematici di etica pubblica molto discutibili e che si fa guidare da motivazioni che non guardano al bene collettivo nel momento di esprimere il proprio consenso? Sembra banale dirlo, ma è la verità. Soltanto ottimi elettori e cittadini possono generare buona politica, istituzioni funzionanti e fondi pubblici spesi bene. Ogni azione politica che non ha questa base di partenza rischia di essere di poco momento, qualsiasi sia il risultato elettorale. La Sicilia la potranno migliorare soltanto i siciliani. Tutti, però, non soltanto una parte. Altrimenti andremo sempre più giù.