mercoledì 28 febbraio 2018

I posti impossibili e l'arte di guardare in faccia la realtà.

La Repubblica Palermo
28 febbraio 2018 
Ma si può davvero salvare lo ZEN?
Francesco Palazzo

Leggendo ieri su queste pagine le considerazioni dei volontari dello ZEN 2, dopo le ultime vicende, e soprattutto dopo l’aggressione alla troupe di “Striscia la notizia” mi sono rivisto nel decennio degli anni Ottanta a Brancaccio, un rione nato nel 1700 e sino ad allora composto da ceto medio, agricoltori, professionisti e qualche contenuta sacca di povertà, con i giovani che andavano regolarmente a scuola. Si doveva affrontare, con la comunità parrocchiale, la stessa dove poi arrivò don Pino Puglisi, un problema creato da una politica miope. Che aveva utilizzato una zona, che doveva avere in origine una destinazione abitativa residenziale, per impiantare, in via Hazon e dintorni, un’enclave di marginalità, senza servizi, slegata del tutto dal territorio, deportando da altri quartieri in alcuni stabili qualche centinaio di famiglie disagiate. Qualcuno disse subito che non andava bene. Come reazione, contro ogni ragione, si affermò con troppa facilità che era possibile una via d’uscita positiva. Avevano ragione, e non ero tra questi, quelli che vedevano, con lucidità, che due più due non poteva fare che quattro. Ma li ritenevamo quasi razzisti e non accoglienti. Quando ho avuto un ruolo in politica nel consiglio di quartiere ho continuato, sbagliando, a pensarla così. Dopo quasi 40 anni la malattia, piuttosto che rispondere alle cure, ha conquistato altro territorio intorno per annessione. Il due più due ha fatto, in effetti, quattro. Avremmo dovuto avere il coraggio di dirlo a M., un bambino minuto, di cui ricordo perfettamente la faccia, chissà che fine ha fatto, che stava crescendo. Dovevamo confessare, a lui come agli altri, invece di continuare a fasciare ferite che non potevano rimarginarsi, che non poteva essere. Avremmo dovuto combattere, e ci siamo ben guardati dal farlo, per smantellare quell’agglomerato. Anche don Puglisi, dal 1990 al 1993, ha voluto provarci, con impegno e radicalità totali, insieme all’Associazione Intercondominiale Hazon, guidata da Pino Martinez. Ma pure in quel frangente l’operazione si è rivelata impossibile, per quanto eroica e profetica, perché si doveva mettere in discussione l’esistenza stessa di quanto si era venuto a creare. E lì don Pino è morto. Stritolato tra la criminalità spicciola formatasi in quell’insediamento, e la mafia, che utilizzava quella manovalanza. Il problema, allora, non è il sensazionalismo di certi approcci mediatici. Che pure alla fine forse servono, e che durano qualche giorno. In ogni caso va detto che il trattamento riservato a Striscia è inammissibile. Senza i troppi “se” e “ma” utilizzati. Il vero problema è continuare a credere che si possa percorrere il sentiero, romantico e disperato, del recupero di un’impossibile situazione sociale e territoriale. Quando passo da via Hazon e vedo com’è finita, e peggiorerà, so qual era la prospettiva da percorrere. Due anni fa è circolato lo slogan “lo ZEN 2 è Palermo e Palermo è lo ZEN 2”. Ma una città può permettersi interi siti dove vigono norme che non sono quelle della Repubblica Italiana? Basta che il volontariato, apprezzabilissimo, la scuola, più che missionaria, ed una tantum la politica, siano presenti per giustificare tutto questo? Occorrerebbe un serio Piano Marshall per posti simili. Tipo il palazzo di ferro di Via Brigata Aosta. Non per combattere le persone, per loro va fatto l’impossibile, ma per guardare con occhi di verità la realtà. Si avrà il coraggio, col tempo che ci vuole, di smantellare queste sacche di vita vissuta male nell’interesse dei bambini, quindi del futuro, che si trovano a crescere in certi luoghi?

mercoledì 21 febbraio 2018

L'importanza del voto di genere e il molto che c'è da fare oltre il voto.

La Repubblica Palermo - 21 febbraio 2018
LA LUNGA MARCIA OLTRE LE QUOTE ROSA
Francesco Palazzo

Si torna a discutere animatamente — ne dava conto ieri un articolo di Claudia Brunetto — intorno alla norma che prevede il doppio voto di genere alle elezioni amministrative, possibilità utilizzata anche a Palermo nel giugno dello scorso anno. Ricorderete. Se si segnava il voto per un uomo e si voleva esprimere il secondo, doveva essere per una donna e viceversa. È servito ciò a portare più donne a Palazzo delle Aquile? Sì. Le consigliere sono il 30 per cento ed erano al 18 dopo il voto del 2012, dove si scriveva un solo nome nella scheda elettorale. Se vogliamo fare un paragone con la stessa tornata elettorale del 2017, vediamo com’è andata nelle circoscrizioni, dove c’è pure la doppia preferenza. Su 75 consiglieri eletti nelle otto circoscrizioni le donne sono state 11, nemmeno il 15 per cento. Questo dimostra che la doppia scelta ha svolto bene il suo compito solo per Sala delle Lapidi e pure in tanti altri Comuni. In totale, dal 2013, ossia da quando è possibile in Sicilia attribuire le due preferenze di genere, è raddoppiata la presenza femminile nei Consigli comunali. È probabile che alle Politiche di marzo si possa verificare un aumento della presenza rosa in Parlamento, perché il Rosatellum dispone correttivi di genere sia nei collegi uninominali che in quelli plurinominali. Va però detto che all’Assemblea regionale, dove c’è la preferenza unica, si è verificato un aumento di presenze femminili nelle ultime due elezioni. Nella diciassettesima legislatura, l’attuale, le donne nel Parlamento siciliano sono 16 su 70, quasi il 23 per cento. Nella sedicesima erano 15 su 90 (tanti erano allora i deputati), quasi il 17 per cento. Nella quindicesima legislatura, ma più o meno era successo lo stesso nelle due ancora precedenti, le donne elette erano state 3 su 90, appena il 3,33 per cento. Cos’è accaduto? Nelle ultime due tornate elettorali sono approdati in Parlamento gli eletti del Movimento 5 stelle, che essendo una formazione politica giovane, e dunque rappresentando mediamente le ultime generazioni, nelle quali il ruolo delle donne è certamente cambiato, ha fatto sbarcare all’Ars quasi la metà della componente complessiva femminile. Mettendo insieme quanto detto, possiamo dire che la doppia preferenze di genere è generalmente utile, ma che il lavoro principale va fatto dentro partiti e movimenti, spesso formanti club per soli uomini al comando, che difficilmente fanno spazio all’altra metà del cielo. Che quasi sempre in politica è poco litigiosa e più concreta. Avete mai visto donne che fanno scissioni o cose simili?
Nel mondo della politica, che è uno specchio della società, ci vogliono ancora nella nostra terra molti passi in avanti. Basti pensare che a Palermo e a Catania, con l’eccezione di Elda Pucci, sindaco nel capoluogo dal 1983 al 1984, i sindaci sono stati tutti uomini. Stesso risultato per i presidenti delle attuali otto circoscrizioni palermitane e delle sei catanesi. Come, del resto, non c’è mai stata una donna a guidare il governo della Regione e l’Assemblea. D’altra parte sul palco del teatro Massimo, ad annunciare l’inizio di Palermo capitale della cultura 2018 erano sei, su sei, esponenti istituzionali della politica locale e nazionale appartenenti al sesso maschile. Per il momento, dunque, teniamoci quanto occorre a equilibrare un quadro segnato da una preponderanza maschile nell’universo della politica, non soltanto siciliana. Ciò a breve e medio raggio. A lunga scadenza dobbiamo sempre più costruire una società, non soltanto in ambito politico, in cui tali rimedi non avranno più motivo di esistere. Ma la strada da fare è ancora tanta, per nulla semplice e non passa solo dalle urne. Considerato che, quando va bene, non si va oltre il 30 per cento e che le poltrone più importanti, nei partiti come nelle istituzioni, vedono in prima fila, nella quasi totalità dei casi e almeno dalle nostre parti, solo uomini.

venerdì 9 febbraio 2018

Indigenza in Sicilia: i richiami alla politica e il silenzio sull'assistenzialismo.


La Repubblica Palermo – 9 febbraio 2018
Il clientelismo e la lotta alla povertà
Francesco Palazzo


Alcuni parroci chiedono alla politica sobrietà a fronte di tanti sofferenti. Giusto. La stessa cosa, rivolta a tutti, l’ha fatta Biagio Conte. Più che giusto. Il volontariato indica il divario tra chi ha tanto e chi ha poco. Perfetto. Ma se non si vuole guardare con un occhio aperto e l’altro chiuso, è necessario dipanare bene la matassa della povertà. La coperta dell’assistenza, che spesso in Sicilia ha un volto clientelare, copre, ed è corta per questo, situazioni in cui viene dato pure a chi può farcela. I tantissimi che entrano nel precariato, ingrossando gli uffici pubblici, sono tutti nelle condizioni per ricevere sussidi? Non è semplice l’operazione. Ma è l’unica risposta all’appello serio lanciato da fratel Biagio, dai preti e dalle associazioni. Bisogna puntare il dito quando occorre. Ma se non si guarda bene il mondo che si rappresenta, si rischia la sommaria invettiva e l’incapacità di proporre azioni strutturali. Non è con il solo taglio dei costi della politica e della burocrazia, o puntando la parte di società ricca, che si può sgretolare la montagna dell’indigenza.

mercoledì 7 febbraio 2018

Palermo e periferie: più decentramento e politica e meno assistenza.

La Repubblica Palermo

6 febbraio 2018

ALLE PERIFERIE NON SERVE LA CARITÀ

Francesco Palazzo



Da decenni si parla di decentramento. Ho sentito di recente un consigliere di circoscrizione, la seconda, e il presidente, lamentarsi perché privi di deleghe e soldi. Nel 1985 ero nel consiglio di quartiere Brancaccio-Ciaculli, adesso parte della circoscrizione citata.
Dovevano arrivare poteri mai visti. La giunta in carica ha rimesso il tema in agenda.
Domenica Repubblica narrava il degrado delle periferie raccontando il viaggio dei parlamentari componenti una commissione d'inchiesta. Il comune, si legge nell'articolo, dice che sta avviando la presenza del servizio sociale, «in modo che tutti i cittadini, soprattutto quelli che abitano le periferie, possano sentirsi parte di una comunità».
Ma questi luoghi hanno più bisogno di politica che di assistenza. Se le circoscrizioni divenissero municipalità, i rioni periferici e il volontariato lì operante, con istituzioni vicine e funzionanti, sarebbero i primi a beneficiarne, visto che le zone centrali sono comunque oggetto di attenzioni. Oggi le periferie sono tessere sbiadite del mosaico Palermo. La cura non è la carità ma lo sviluppo.


domenica 4 febbraio 2018

PD Sicilia, la corrente degli ombelichi.

La Repubblica Palermo - 3 febbraio 2018

NEL PD COVA LA RIVOLTA DELL'OMBELICO DEI SINGOLI

Francesco Palazzo

Comprensibili le delusioni tra i democratici siculi.
Non è differente altrove. Succede a ogni tornata elettorale. Forse che nei 5 Stelle siciliani, con gente rimasta al palo dopo essersi fatta avanti, nel centrodestra, la cui dirigenza locale lamenta innesti esterni, in Liberi e Uguali, dove tanti hanno abbandonato l'idea di essere in lista e nella presentazione delle candidature a Palermo prevaleva un clima non allegro, non vi siano stati problemi? 
E per caso i Dem nelle altre regioni non hanno difficoltà?
Come tutti i partiti.
Ma solo in uno, il PD, e in una regione, la Sicilia, accadono episodi di larga insubordinazione degni di miglior causa. 
Un contropartito che si muove in piena campagna elettorale. Cose mai viste. Se non in qualche condominio. 
Una jacquerie da vespri siciliani ad urne quasi aperte. 
Più che le rivolte per la democrazia sembra di vedere quelle del dopo di noi il diluvio o del se ci candidavate in posti sicuri non succedeva nulla.
Andando all'osso, si scorgono logiche che girano attorno a un unico, seppur molteplice, epicentro politico. L'ombelico dei singoli.